600 SOLDATI PER PROTEGGERE LA MERDA CHIMICA SIRIANA...IL GOVERNO NOMINA LA CALABRIA CESSO DEL MONDO

Pronti 600 soldati per difendere la scelta di Letta &Co di far transitare nel porto di Gioia Tauro l'arsenale chimico di Assad. Ieri, infatti, “l’operazione Gioia Tauro” ha avuto il via libera del governo. Un atto d’imperio, un sopruso. Con­tro la popo­la­zione. In spre­gio alla legge ita­liana e alla Con­ven­zione di Aarhus, rati­fi­cata dall’Italia con la legge 108 del 2001, che mette al cen­tro di ogni pro­cesso deci­sio­nale la par­te­ci­pa­zione.
Si invierebbero circa 600 soldati e l’area del porto di Gioia Tauro sarebbe delimitata con una zona off-limits per un raggio di oltre un km. È quanto emerge,  non ancora confermato da fonti competenti, dalla riunione dei Sindaci calabresi a San Ferdinando per discutere dell’emergenza-armi chimiche siriane.
Ciò comporterebbe, se vero, che l’intero centro di San Ferdinando (4 269 abitanti) sia evacuato e ciò senza alcuna informazione preventiva alla popolazione finora. Si profilerebbe anche, vista la cartina geografica, un’evacuazione di gran parte di Gioia Tauro (19 232  abitanti) e forse anche di una parte di Rosarno, così come di altri Comuni e frazioni entro un raggio di un chilometro dall’area portuale che è particolarmente grande e molto vicina alle aree abitate.
Un nuovo elemento, dunque, che fuga ogni dubbio a chi ne avesse sulla straordinarietà dell’operazione. Si tratta di una vera e propria imposizione, secondo cittadini e amministratori calabresi, da parte del governo: indicare Gioia Tauro, senza consultazione, quale porto per il trasferimento dei materiali tossici da una nave all’altra è di per se inammissibile in democrazia e anche nel campo del buon senso. L’assemblea ha riunito, oltre ai Sindaci della Piana di Gioia Tauro, rappresentanti di Provincia, associazioni, cittadini comuni, Confindustria, e qualche parlamentare calabrese.  Ed ha mostrato quella compattezza, relativa calma e lucida determinazione degne dei momenti gravi.
In particolare, anche la Confindustria calabrese si schiera con il no secco, spiegando ciò che è ovvio: un’operazione del genere, aldilà della sicurezza tutta da dimostrare e per la quale esiste il problema dell’errore umano comunque, nuoce all’ambiente imprenditoriale segnalando problemi ambientali gravi ai turisti che pensano di venire nell’area.