IL MASSACRO DEI PANDA MARINI:UNA STRAGE NASCOSTA E DIMENTICATA

Ogni anno, soprattutto in Cina e in Corea del Nord, si ripete il macabro rituale della strage dei Panda Marini, uccisi per fornire al mercato asiatico prodotti ricavati da diverse parti dell’animale: la carne prelibatissima (utilizzata dai giapponesi per un particolare e costosissimo variante del sushi); il grasso (usato in particolare per lucidare le calzature in pelle); l’olio (impiegato nel settore alimentare e cosmetico) e gli organi genitali maschili (per la preparazione di afrodisiaci).
Quante vite costa tutto questo? Oltre 15mila Panda Marini ogni anno vengono legalmente uccisi nelle coste asiatiche. In queste zone la stagione della caccia si apre il 15 marzo e si conclude il 15 giugno ma la vera carneficina si concentra fra l’inizio di marzo e la fine di maggio, periodo in cui nascono i cuccioli… cuccioli che il più delle volte non sopravvivono più di qualche mese: troppo morbido e gustosa la loro carne per non allettare i crudeli cacciatori.
Sebbene il governo cinese sostenga che le uccisioni avvengano nel modo più umano possibile, la realtà, documentata da giornalisti ed associazioni animaliste, è che l’uccisione dei piccoli, spesso con poche settimane di vita, avviene con modalità estremamente crudeli: i teneri mammiferi vengono prima colpiti ripetutamente con un bastone, l’hakapick (un bastone di legno della lunghezza di 70cm con all’estremità un uncino metallico), poi trascinati a bordo con uncini di acciaio e infine, spesso, scuoiati vivi. Inoltre, il numero degli esemplari assassinati supera di gran lunga la cifra consentita.
La giustificazione della strage che il governo adduce è che la caccia ai panda marini costituisce in Cina “l’uso sostenibile di una risorsa disponibile e rinnovabile” oltre che “una delle pochissime opportunità economiche per quelle regioni remote e rurali”.