
"Siamo sempre gli ultimi a sapere" dice uno di loro, cappello di lana calato sugli occhi per proteggersi dal freddo pungente e dall'umidità. Le grandi gru che movimentano migliaia di container ogni giorno, dalla barriera della dogana neanche si vedono, ma il mare è lì, a poche centinaia di metri, e si fa sentire. Insieme ad altri portuali si ferma a parlare. Fa il gruista. E potrebbe essere proprio uno di quelli chiamati ad effettuare il trasbordo dalla nave danese a quella statunitense Cape Ray. Ma lui, sposato, con un figlio piccolo, non ci sta, così come i suoi colleghi. Ancora con la tuta da lavoro addosso lo dicono chiaro. "Quei container - dice - non li vogliamo lavorare, chiamassero i soldati".
Intanto la solidarietà del popolo calabrese verso Gioia Tauro non si fa attendere: le marinerie della zona sono pronte a bloccare l'ingresso del porto con i loro pescherecci. Pieno di rabbia Toledo Iannì, capo dei sindacati unitari dei pescatori, afferma: "Dicono che saranno smaltiti in mare, ma dove? Non è che ce li scaricano al largo appena usciti dal porto? E noi che pescheremo bombe al gas nervino?"
Intanto la solidarietà del popolo calabrese verso Gioia Tauro non si fa attendere: le marinerie della zona sono pronte a bloccare l'ingresso del porto con i loro pescherecci. Pieno di rabbia Toledo Iannì, capo dei sindacati unitari dei pescatori, afferma: "Dicono che saranno smaltiti in mare, ma dove? Non è che ce li scaricano al largo appena usciti dal porto? E noi che pescheremo bombe al gas nervino?"