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La misteriosa fontana di Tre Aie |
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Le inesplorate Grotte di Tremusa |
ASPROMONTE – Per riconoscerle, raccontano gli abitanti del posto, bisogna servirsi di un ramo dalle caratteristiche precise. Il legnetto scelto, meglio se di ciliegio, deve diramarsi in due direzioni, così da formare una ‘V’ dotata di ‘manico’: una specie di fionda, da appoggiare sotto al mento per acquisire la capacità di individuare…
le streghe. Nel passato, tali figure ‘oscure’, insieme a quella del ‘
lupo mannaro’, hanno fatto dormire sonni non proprio tranquilli alle genti d'Aspromonte. Si pensava che, di notte, si potessero incontrare quelle creature anche in luoghi di vita ordinaria, come fonti d’acqua, incroci o strade ombreggiate da querce e vegetazione.
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La Fontana dei Ruffo di Solano, famosa per i sabba satanici |
Fino al secondo dopoguerra, nella mente dei cittadini, le credenze popolari circa l’esistenza di esseri ‘maledetti’ erano presenti e forti. Ciccio Cambareri, operaio di Scilla, ha raccontato le storie ‘oscure’ legate ad alcuni angoli della montagna maledetta. Uno di questi punti è nei pressi della famosa fontana di
"Tre Aie", dove sgorga un'acqua particolarmente diuretica, che le streghe usavano per miscelare le loro formule di magia nera’ (nella foto). “
Secondo le credenze popolari, lì si potevano incontrare le streghe e i cosiddetti ‘Marrauchicchi’, cioè spiriti maligni. In quel luogo - spiega con solerzia Cambareri -
sono presenti alberi con riferimenti pagani e la gente fa il picnic dove venivano e, forse vengono, praticati i sabba. Alcuni avvistamenti risalgono alla seconda Guerra Mondiale. Parlai con un uomo e lui mi raccontò di aver visto, alle grotte di Tre Musa(a Melia di Scilla foto), una figura di donna che attraversava la strada. Aveva i piedi staccati dal suolo e teneva un cagnolino in braccio. La signora, poi, scomparve. Si dice che, in presenza di una strega, si riesca a sentire nell’aria un odore di olio rancido”. Rimanendo nella stessa zona, ma spostandosi di centinaio di metri, si arriva all’altezza di un ‘noto’ incrocio stradale dove nel corso degli anni sono morte decine di persone. “
Gli incroci sono conosciuti con il nome delle "croci del Male. Le persone arrivavano da ogni parte d'Italia per ‘
togliere le fatture’ e per annullare i malefici e lo facevano bruciando cuscini, unghie e abiti di persone decedute i che, a loro dire, erano stati oggetto di sortilegio.
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Fontana Vecchia, abbeveratoio per i lupi mannari |
Cambareri, nel narrare queste storie, si rifà a testimonianze da lui raccolte vissute. Sempre in base alle vecchie credenze, altro ritrovo per le figure ‘malefiche’ erano le fonti d’acqua, frequentate dalle lavandaie.
Molte donne del posto facevano il bucato a Fontana dei Ruffo di Solano, una fontana ancora funzionante, ubicata nella cittadina pre-aspromontana. “Alcune contadine lavavano i panni per conto di famiglie nobili, in modo da guadagnare qualcosa, e lo facevano di notte. – spiega Cambareri – Si dice che queste non fossero sempre umane. Secondo i racconti, le donne, a volte, potevano essere streghe oppure spiriti evanescenti. Nel caso degli spiriti, la figura femminile lavava panni senza fine dei defunti e, chi l’avesse guardata, avrebbe corso il rischio di morire. Sulla Fontana dei Ruffo di Solano c’è una storia molto conosciuta e tramandata nei secoli. Un uomo, negli anni ’30 o ’40, stava tornando a casa dopo essere andato a trovare la fidanzata a Solano Superiore. Passando per Fonte dei Ruffo, verso mezzanotte, incontrò delle donne occupate nel gioco della morra: ‘Donne, che state facendo a quest’ora di notte? E’ fresca l’acqua?Vi volete rinfrescare con me?’. Le donne, infastidite dalla sua ironia, alzarono lo sguardo e, arrabbiate, gli risposero: "se tu non fossi seguito da quel piccolo e malandato cane, ti faremmo vedere noi quanto è fresca l’acqua" L’uomo si voltò e, in effetti, si accorse del cagnolino, animale ‘talismano’ contro le streghe. A quel punto, il passante prese il fucile e uccise il cane e si buttò in un'orgia di sesso con quelle donne, per poi scomparire per sempre. Si ode, infatti, nelle notti di luna piena, una voce lamentosa di un uomo che grida aiuto.
Nelle leggende popolari non poteva mancare la spaventosa figura del ‘lupo mannaro’. L’idea era che queste creature scegliessero le fontane e le sorgenti d’acqua per rinfrescarsi dagli ‘ardori’ provocati dal loro agire animalesco. A Villa San Giovanni, uno dei luoghi popolati da tali esseri era la Fontana Vecchia. “Il lupo mannaro viene descritto come un umano scapigliato, con occhi grandi e stralunati. – racconta Frank Freni – La creatura si rotolava a terra e, chi si trovava sulla sua traiettoria, poteva rimanere ferito. Sicuramente, erano solo dei poveretti con epilessia o malattie nervose che le relative famiglie facevano uscire solo di notte, per vergogna”. Molti lo hanno individuato in un vecchio pescivendolo del posto chiamato Zi Masi, che da giovane fu morso da un lupo nelle colline di Campo Calabro.